La Befana dei Vigili del Fuoco
Navigare nel passato
epoca di rinascita
una fiera stagione
momento della festa
I ricordi dell’Epifania
di Nicolino COLANGELO
Carissimo, navighiamo nel passato, in quell’indimenticabile epoca di rinascita nazionale.
Leggi quanto scritto da Nicolino COLANGELO
non è una storia minore. La sento e la vivo come una storia essenziale.
In una dimensione sociale conosciuta oggi solo dagli addetti ai lavori e sfuggita alla memoria collettiva, era la fiera stagione del nostro riscatto dalla catastrofe.
Nella straordinaria impresa nazionale della ricostruzione l’essenza familiare del nostro Corpo sentiva il momento della festa come poteva accadere solo in una speciale comunità.
Con quel senso della condivisione della buona e della cattiva sorte che in quegli anni era rafforzato dalla continuità del servizio che viviamo più a lungo in caserma che a casa.
E la Befana era la festa dei nostri bambini e, la nostra Befana; era la nostra festa familiare perché era la festa dei nostri figli e quindi di tutti noi. Veniva dopo Santa Barbara e dopo il Natale, ma qualcuno, dall’inizio di novembre, già era al lavoro per i preparativi.
Allora esisteva anche un modesto fondo speciale previsto dalla Cassa Sovvenzioni Antincendi e chi aveva la responsabilità del comando doveva spenderlo con un criterio di religiosa attenzione. Si cercava di acquistare capi di abbigliamento e scarpe, anche dei dolci; i giocattoli che non dovevano mancare si fabbricavano in falegnameria e in officina.
E per i nostri bambini uscivano dalle mani dei Vigili tanti capolavori dipinti con colori vivaci e immensa attenzione e fantastica inventiva.
Ci si preparava con cura ed ogni famiglia sarebbe arrivata in caserma con i vestiti della festa. La sveglia, la mattina del 6 Gennaio, suonava presto in ogni famiglia. Chi non abitava in città partiva di buonora con il papà che indossava la divisa di sallia ben stirata e gli stivali lucidi.
In molte aziende la Befana era un rito comune, ma per noi Vigili del Fuoco, era molto di più perché i nostri bambini sentivano inconsciamente l’orgoglio di appartenenza a quella indefinibile identità che era rappresentata da quel così straor- dinario e magico edificio, con tante macchine rosse dove i nostri bimbi vivevano nella dimensione dei loro eroi.
Si apettava con trepidazione di udire il proprio nome e cognome pronunciati dall’autorevole e immancabile maresciallo e si riceveva il pacco dono dal comandante o da qualche altro personaggio importante.
Non ci piace la nostalgia e meno ancora consideriamo il rimpianto.
La locomotiva del tempo ci ha portati lontano da quello spazio che ci è appartenuto come in un sogno.
Amiamo molto la dimensione degli affetti che legano ancora oggi chi si dedica alla nostra missione, e siamo orgogliosi di scoprire che nel nostro
neorealismo riuscivamo a scandire il tempo che ci apparteneva anche costruendo i giochi per i nostri bambini.
Comando di Bari – Falegnameria