La terza edizione “Museo in musica” tenutasi l’11 settembre 2020 presso il museo dei pompieri e della Croce Rossa Italiana di Manfredonia a cura del Dott. Michele Guerra e presentato da Luciano Guerra, si è svolta con una grande partecipazione di pubblico nel rispetto delle norme Covid-19. La serata è stata aperta dall’ On. Antonio Tasso – Deputato della Repubblica Italiana, che ha evidenziato l’opportunità di promuovere altre idee e progetti per il richiamo del turismo in Puglia. Il Presidente Nazionale ANVVF – CN Antonio Grimaldi, ha dichiarato la volontà di piena collaborazione per la divulgazione della conoscenza della realtà museale di Manfredonia in quanto egli sostiene che questo sia il museo più ricco di attrezzature, documenti e reperti che abbia conosciuto. Il Presidente Onorario ANVVF – CN, ing. Gioacchino Giomi, già Capo del Corpo Nazionale del Vigili del Fuoco, ha introdotto la storia dei servizi antincendi dalle origini ai giorni nostri. Intervento dell’ispettore nazionale del Corpo Militare della CRI Magg. Gen. Medico Gabriele Lupini, è valso a delucidare la storia della nascita del Corpo Militare della Croce Rossa Italiana.
L’ottima esibizione dell’ensemble musicale dei “Solisti Appuli” diretta dal Maestro Michele Notarangelo, ha accompagnato le esecuzioni del soprano Antonella Tegliafilo e del tenore Paolo Spagnuolo che con i loro brani hanno dato dimostrazione della loro professionalità canora entusiasmando il pubblico presente. Il Maestro violinista S. Ten. Marco Misciagna della banda Musicale del centro di Mobilitazione Meridionale – Bari – del Corpo Militare della CRI, ha eseguito da solista alcuni celebri brani che gli hanno regalato lunghi applausi da parte del pubblico. L’organizzatore Dott. Michele Guerra, ha voluto dedicare questa manifestazione in memoria del tragico attentato alle Torri Gemelle di New York avvenuta l’11 settembre 2001 che ha visto in prima linea operare con abnegazione e spirito di sacrificio le varie organizzazioni del soccorso, in particolare il Fire Department of New York (FDNY) che ha perso 343 vigili del fuoco. Prima di questo evento, in oltre due secoli di vita, questo corpo aveva avuto in tutto 783 perdite. Si pensi che nel momento culminante dell’intervento furono impiegati più di 200 mezzi e 1000 pompieri. Oltre 90 veicoli andarono distrutti. I Vigili del Fuoco erano già chiamati “The Bravest”, “i più coraggiosi”, ma dopo l’11 settembre 2001 essi, agli occhi di tutto il mondo, sono diventati dei veri eroi.
Una edizione ricca di contenuti, di ospiti, di musica, di pubblico e di successo. Ringraziamo il fondatore, l’ideatore e realizzatore Dott. Michele Guerra nonché tutti i partecipanti. Alla prossima.
Tonia Morcavallo – Manfredonia News
Credo nell’importanza della storia, della cultura e delle tradizioni ed ho sempre cercato di fornire il mio contributo affinché venissero valorizzati la memoria ed il patrimonio storico dei Vigili del fuoco sia quando ero in servizio attivo che ora che sono in pensione. Ho quindi accettato con entusiasmo l’invito del Presidente Grimaldi a partecipare, nella ricorrenza dell’11 settembre, all’iniziativa promossa dal Dott. Michele Guerra a Manfredonia presso il Museo Storico dei Pompieri e della Croce Rossa Italiana da lui pensato, voluto e magistralmente realizzato.
Come mi è stato richiesto, ripercorrerò la lunga ed entusiasmante storia dei nostri progenitori fino alla fondazione del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, ma per il tempo a mia disposizione mi limiterò unicamente ad alcuni cenni sul processo evolutivo che ci ha condotto ai giorni nostri.
Gioacchino Giomi
CENNI SULLA STORIA DEI VIGILI DEL FUOCO
Gioacchino Giomi – Presidente Onorario della ANVVF-CN, già Capo del Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco
La nostra storia ha radici profonde; la prospettiva si apre su Roma repubblicana e imperiale sull’Excubitorium della VII Coorte di quei vigili del fuoco di Roma antica che con migliaia di uomini – ben 7000 unità – effettuavano il servizio di prevenzione e vigilanza degli incendi affrontando eventi frequentissimi, talvolta devastanti, che affliggevano l’Urbe.
Dagli antichi romani, abbiamo ereditato la consapevolezza di essere un’organizzazione votata al soccorso. Non c’erano le tecniche e le tecnologie attuali, ma certamente c’era la volontà di salvaguardare la vita umana. Possiamo affermare con orgoglio che il nostro codice genetico trova le radici nella Roma antica e si è arricchito nei secoli fino a diventare patrimonio comune dei “pompieri” di tutto il mondo.
La cultura del soccorso non si è formata però in modo lineare nel corso dei secoli. Con la decadenza amministrativa e sociale dell’Impero Romano si perse anche l’organizzazione operativa della lotta agli incendi. Durante il Medioevo e il Rinascimento, nonostante le grandi scoperte e le nuove conquiste che accompagnarono il processo evolutivo dell’umanità, non si tenne conto del pericolo derivante dal fuoco e l’attività antincendio fu organizzata in modo frammentario e limitata soltanto a poche città.
Nel 1810, un violento incendio distrusse la residenza dell’Ambasciatore d’Austria a Parigi durante un ricevimento che causò la morte di diverse decine di persone. In seguito a questo grave episodio, Napoleone che aveva partecipato al ricevimento, decise di riformare il servizio antincendio di Parigi e con un decreto istituì, sotto la direzione del Ministro dell’interno, il Corpo dei sapeurs-pompiers: un battaglione di circa 600 unità suddivisi in quattro compagnie.
In Italia, solo per citarne alcuni, ricordiamo gli artigiani pompieri della Napoli Borbonica della prima metà dell’Ottocento guidati dalla straordinaria figura dell’Ing. Francesco Del Giudice. Ingegnere, giurista, letterato, Del Giudice divenne famoso per le sue capacità e per lo spirito di innovazione che seppe imprimere per il miglioramento dei servizi di prevenzione e lotta agli incendi nella sua città, a livello nazionale e nelle principali città europee. Quello che colpisce è la straordinaria modernità con cui l’ingegnere napoletano affronta tutti i temi più critici dell’organizzazione dei servizi di soccorso; dai criteri di selezione ai programmi di formazione e di mantenimento della capacità operativa del personale, ai regolamenti organizzativi, alla progettazione dei mezzi di estinzione e di salvataggio.
Un’altra figura di rilevo della prima metà del XIX secolo fu il Marchese Origo, Comandante dei pompieri di Roma, ricordato per aver introdotto la scala romana progenitrice della nostra scala italiana. Era un cultore di scienze chimiche e fisiche che aveva allestito un attrezzato laboratorio in cui si dedicava con impegno allo studio e alla sperimentazione di apparecchiature, materiali e vestiario.
Il 15 luglio 1823 si registra a Roma un evento che influenzò la storia della prevenzione incendi: un incendio devastante che distrusse la Basilica di San Paolo fuori le Mura. L’incendio fu generato forse dalla negligenza di un operaio e progredì rapidamente con la sua potenza distruttiva per vari fattori concomitanti: il legno resinoso di abete delle travi del tetto, l’assenza di manutenzione, l’ubicazione periferica della Basilica, la mancanza di sorveglianza, l’allarme tardivo e la distanza della caserma dei Vigili del fuoco.
Questo disastro generò tuttavia un processo virtuoso: l’architetto Luigi Poletti, progettista della ricostruzione della Basilica, coinvolse nel progetto competenze professionali trasversali e chiese al Padre gesuita Angelo Secchi, scienziato e astronomo, e al fisico meccanico Giacomo Luswergh, di aiutarlo nella stesura del progetto del sistema antincendio richiesto dalla Curia. L’approccio innovativo si manifestò anche nelle tecnologie impiegate: i sensori di temperatura, la rete di vasche di accumulo dell’acqua, le tubazioni e le pompe antincendio, il telegrafo posto nella casa del guardiano della Basilica e, pochi anni dopo, il collegamento telefonico con il Comando dei Vigili del fuoco.
Prese così forma il primo impianto automatico di rilevazione e allarme incendi. La realizzazione del sistema antincendio per la Basilica di San Paolo ha segnato l’inizio di un nuovo capitolo della moderna tecnologia antincendio. Da queste esperienze sono scaturiti gli accorgimenti, le tecniche, le norme che oggi costituiscono la prevenzione incendi ma soprattutto è nato un metodo di approccio pluridisciplinare alle problematiche antincendio e del soccorso.
Sul finire dell’Ottocento e l’inizio del Novecento numerose città italiane costituirono Corpi di civici pompieri ben strutturati, formati ed attrezzati. Ogni Corpo aveva però proprie regole, attrezzature e livelli di professionalità differenti. Questa organizzazione evidenziava la sua fragilità in occasione delle grandi calamità, allorché sarebbe stato fondamentale un coordinamento unico delle forze in campo.
La letteratura scientifica dedicata ai temi della prevenzione e del soccorso che si sviluppò in questo periodo, contribuì in modo determinante alla formazione di una coscienza unitaria e si rivelò essenziale per costruire, tra le nascenti organizzazioni comunali del soccorso, una visione comune sulle risposte da dare alle nuove esigenze di sicurezza.
La Federazione tecnica italiana dei corpi dei pompieri che all’inizio del Novecento riuniva le diverse realtà comunali ebbe un ruolo importante; l’intenzione dei suoi promotori era di riuscire ad organizzare un servizio di soccorso tecnico e di prevenzione degli incendi diffuso e coordinato sull’intero territorio nazionale. La Federazione avviò un fondamentale confronto di esperienze sul soccorso tecnico, sulle tecniche e sulle procedure di spegnimento degli incendi che anticipò nei fatti la formale costituzione del Corpo Nazionale.
Già in seguito al terremoto del 1908, che rase al suolo Reggio Calabria e Messina, e a quello di Avezzano del 1915, incominciò ad essere avvertita la necessità di disporre di un servizio d’emergenza nazionale o perlomeno di un coordinamento delle varie realtà locali del soccorso.
Finalmente, qualche mese dopo l’inizio della Prima guerra mondiale, con la costituzione da parte del Genio militare di reparti di “pompieri-zappatori” sotto un comando unico, vennero poste le basi tecniche per la successiva costituzione del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. I “pompieri-zappatori” avevano il compito di tutelare le strutture e gli impianti militari in prossimità del fronte e nelle retrovie, assicurando il soccorso tecnico urgente.
Il punto di svolta lo determinò il disastroso terremoto del 1930 nel Vulture; le numerose vittime ed il modo inadeguato in cui furono organizzati i soccorsi scosse le coscienze: il Parlamento, che fino ad allora non era mai andato al di la delle dichiarazioni di intenti, nel 1935 emanò una legge che istituiva i servizi antincendi provinciali coordinati a livello nazionale, decretando la nascita del “Corpo dei pompieri per la prevenzione e l’estinzione degli incendi e per i soccorsi tecnici in genere”. Due anni dopo, il termine “pompiere” fu sostituito con “vigile del fuoco” per uniformarsi alla terminologia autarchica allora in auge che si rifaceva ai “Vigiles” di Augusto.
Con le leggi che furono emanate fra il 1939 ed il 1941 fu istituito il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. La struttura era costituita, a livello territoriale, dai Comandi provinciali che sostituirono i precedenti Corpi provinciali e a livello centrale, dalla Direzione generale dei servizi antincendio presso il Ministero dell’interno e dalle Scuole di applicazione del personale.
Dal 1941 ad oggi è storia recente. Il Corpo Nazionale è cresciuto e si è rinnovato adeguandosi alle necessità contingenti. Sono state create nuove specializzazioni, vengono utilizzate in modo estremamente professionale le più recenti tecnologie.
Agli scenari incidentali classici si aggiungono situazioni nuovema lo spirito con il quale i Vigili del fuoco operano rimane immutato: portare soccorso alle persone in pericolo in modo rapido ed efficace.
La nostra storia si basa su radici robuste che affondano in un humus fatto di passione, di altruismo, di coraggio e che consentono di assolvere i compiti affidatici con piena coscienza dei nostri doveri e della nostra professionalità.
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Oggi è l’11 settembre e quindi permettetemi di concludere con alcune considerazioni sul grave attentato che 19 anni fa, a New York, costò la vita a circa tremila persone.
Quel giorno ero in riunione con alcuni colleghi alle Scuole centrali antincendi; alla vista delle immagini dell’attacco aereo alle Torri gemelle la prima reazione fu di stupore e incredulità. Dopo i primi attimi di smarrimento e di emozione iniziammo subito a confrontarci sugli aspetti tecnici dell’intervento da parte dei Vigili del fuoco di New York.
Sicuramente pensieri simili si affollarono nella mente di tanti soccorritori che stavano intervenendo sulle Torri Gemelle; un’idea del loro stato d’animo me la sono fatta successivamente leggendo il libro di RichardPicciotto, Comandante del 11° battaglione del Dipartimento dei Vigili del fuoco di New York. Nel suo libro “Ultimo a uscire”, l’autore racconta con la lucidità di un addetto ai lavori gli avvenimenti che lo videro alla guida di una squadra di pompieri all’interno del Word Trade Center prima, durante e dopo il crollo delle torri gemelle.
L’autore descrive, oltre che il susseguirsi dei vari avvenimenti, anche le sensazioni che lui e i componenti della sua squadra provarono durante il percorso per raggiungere il Word Trade Center, consapevoli che quel giorno molti di loro sarebbero morti. La narrazione prosegue con salita delle scale di sicurezza fino al 35° piano della Torre nord, l’assistenza all’esodo di centinaia di persone, il crollo della Torre sud e poi della Torre nord all’interno della quale si trovavano le squadre di soccorso, la difficoltà per mettersi in salvo districandosi all’interno delle macerie.
A distanza di 19 anni quel ricordo non ci ha abbandonato ed ogni anno commemoriamo la memoria di quei 343 eroi. Ma in questo giorno abbiamo l’obbligo di ricordare anche i pompieri di Cernobyl in Russia, di Fugujima in Giappone, di Tianjin in Cina, di via Ventotene a Roma, di Beirut in Libano e tutti i colleghi che in ogni parte del mondo hanno donato la loro vita per la salvezza di tante persone.
Il Comandante Picciotto nel suo libro racconta che la tradizione vuole che, ogni volta che un pompiere muore in servizio nel Dipartimento dei Vigili del fuoco, vengano suonati cinque rintocchi di campana per quattro volte di seguito. Ebbene, l’11 settembre del 2001 non ci fu tempo per far suonare la campana per i 343 pompieri morti fra le macerie del Word Trade Center e non c’erano pompieri rimasti nelle loro caserme per ascoltare quei rintocchi.
Il ricordo della tragedia dell’11 settembre e del sacrificio di questi eroi, che ogni anno si rinnova, vuole essere un modo per rimediare al mancato suono delle campane in loro onore e per rendere omaggio a tutti i vigili del fuoco del mondo che consapevolmente hanno compiuto il loro gesto di amore più grande: donare la vita per il prossimo.